Quali conseguenze possono trarsi dall’epidemia Covid-19

1. Premessa
Il presente contributo è stato redatto “a caldo”, nel corso delle situazioni prodotte dall’epidemia, poi di venuta pandemia, da CoVid-19 (anzi, si dovrebbe indi care SARS-CoV2 riferendoci al virus e CoVid-19 rife rendoci alla patologia). Per questo, potrebbe risentire di come ed in quali direzioni si sia evoluta la situazio ne, ma anche – e soprattutto − di come sia mutata la “percezione sociale” (alcuni usano il termine bias co gnitivo) attorno alla morte, ai riti funebri, alle sepoltu re, sia ad inumazione sia alla generale vision del si stema cimiteriale, nel suo complesso.
Come noto, il virus è stato rilevato, non del tutto tem pestivamente (anzi, le autorità locali hanno, dappri ma, perfino considerato come fake news le prime se gnalazioni, considerandole “antinazionali” (atteggia mento che, forse, motiva anche i ritardi con cui sono state fatte le prime segnalazioni all’O.M.S.) in Cina, che in breve ha dovuto modificare le proprie posizioni, fino ad adottare provvedimenti “restrittivi” (il c.d. loc kdown) di vaste aree del Paese, misure che appariva no pesanti e … poco “democratiche”, con largo impie go di mezzi tipici di una “militarizzazione” della sanità. Fatto sta che, nel giro di alcuni mesi, la Cina ha visto un contenimento della sindrome, fino a raggiungere una situazione di assenza di nuovi casi d’infezione. La questione, a livello globale, è stata aggravata dalla “novità” della mutazione virale, sia sotto il profilo del la sua rilevabilità (e, prima, del suo riconoscimento): non causalmente, all’inizio si usava il termine nCov-19 (nuovo Coronavirus, 2019), per sottolineare il nuovo. L’elemento di novità comprensibilmente ha posto i virologi (e tutto il “mondo” sanitario) in palesi difficol tà di approccio. L’elemento di novità è probabilmente anche la motivazione che il Ministero della Salute, nel le prime indicazioni sulle procedure e cautele di prevenzione, ha fatto ricorso, nella sostanza, alle proprie indicazioni date nel 2009 in relazione alla SARS: il fatto di non avere (ancora) elementi di conoscenza, studi e valutazioni scientifiche, men che meno vaccini o altro, ha fatto si che il “sistema” abbia inizialmente dovuto muoversi secondo logiche di analogia con quanto no to, per quanto simile o assimilabile.
Fatto sta che, in un rush, forse neppure previsto, il vi rus si è diffuso fuori dall’area di origine (ammesso che ve ne sia stata una, dato che potrebbe essere stata solo l’area in cui per prima si è manifestato), raggiun gendo Paesi occidentali, principalmente l’Europa (ma, poi, estendendosi anche nel Nord America), con scar se presenze nel Centro e Sud America ed in Africa, si tuazione che porta a dover considerare come il nume ro dei casi sia sottostimato, ma valutato laddove vi siano gli strumenti, e le conoscenze, per rilevare il contagio. In realtà territoriali in cui le strutture sanita rie sono deboli, può essere facile “confondere” un’influenza, magari un po’ più grave di altre, od una polmonite con il contagio, oltretutto non trascurando come, spesso, il contagio non sia in sé stesso letale, ma costituisca una complicanza di altre patologie già presenti in soggetti, specie quelli di oltre una certa età, già fragili per la presenza di altre patologie. Non solo, ma la sottostima può anche essere causata dalla mancanza di accertamenti specifici, specie per il fatto che la trasmissibilità del virus opera anche in fase asintomatica. Per tale spiegazione, è risultato che l’Italia abbia registrato un numero di mortalità (anche giornaliera) superiore a quella della Cina. Mortalità che ha prodotto specifiche criticità, specie nelle regio ni del Nord Italia in cui maggiormente sono stati rile vati casi di contagio, criticità sia nell’assistenza sanita ria, in particolare in ambito ospedaliero (giungendo anche alle tendopoli di pre-triage e agli ospedali da campo), specie quando vi fossero le condizioni estre me per terapie intensive (oltretutto, nel passato og getto, in nome del contenimento della spesa pubblica, di riduzione nei posti letto), nonché − a valle − per l’amplificazione dei casi ad esito letale, nei settori fu nebri, cimiteriali e di cremazione (ha colpito il mondo il filmato dei mezzi militari impiegati per trasferire fe retri verso luoghi di cremazione siti in Comuni diversi da quello di decesso). Tutte queste criticità suggeri scono il presente intervento.
Ma la questione non può venire isolata a singole spe cificità, dovendosi avere sempre presenti gli effettui complessivi, in particolare quelli conseguenti alle mi sure di lockdown, che hanno comportato dilatazione di spesa (o, di capacità di spesa), limiti alle attività economiche e quanto altro. Molti sono intervenuti; si cita solo quanto apparso su Milano Finanza del 18 marzo 2020 (1).

2. Il settore funebre
Fin dai primi provvedimenti di lockdown (a prescinde re dalla sua ampiezza), si sono imposte restrizioni alle attività in cui potevano aversi “assembramenti” o, più esattamente, concorso di persone a distanza ravvici nata (2), inibendone molte, incluse le cerimonie reli giose: il ché comporta che le esequie religiose non possano svolgersi. Si tratta di un’indicazione accolta dai Vescovi, specie nelle zone inizialmente interessate da misure di lockdown, poi da quelle prossime e, quindi, estese al territorio nazionale. Così, vi sono sta ti atti, dei Vescovi, che dispensavano dalle esequie, consentendole solo ai familiari più stretti, magari (ini zialmente) indicando “per il momento” ed ipotizzando che queste venissero celebrate “successivamente”, altrove esplicitamente dispensando dal precetto do menicale, altrove semplicemente suggerendo che i fedeli restassero nelle proprie abitazioni per le pre ghiere o, se proprio volessero, seguissero le Messe dif fuse via radio o televisione. Così nei necrologi si rap presentava che “… in ossequio/adempimento alle di sposizioni (qualcuno ha parlato di: ordinanza) del Ve scovo, vi sarà (o, vi è stato) un saluto al caro …, solo in forma strettamente privata …”, o simili. Le esequie re ligiose (spesso utilizzate anche da defunti non esatta mente “frequentanti” …) costituiscono un elemento “sociale” di particolare rilevanza, essendo il momento in cui i familiari percepiscono (e ostentano) la propria presenza nelle proprie comunità (familiari, amicali, di vicinato e quanto altro) e, per questo, hanno un peso non secondario nei processi di “distacco” dal defunto, di elaborazione, sociale, del lutto. Oltretutto, anche i necrologi rispondono ad una “comunicazione socia le”, venendo a perdere di ruolo allorquando essa non consenta forme di partecipazione allargata. I casi in cui, in occasione di decessi, essi non sono utilizzati, oppure sono utilizzati a posteriori (es.: “… ad esequie / sepoltura / cremazione avvenuta, lo annunciano …”) sono ben rari e tali da rappresentare una sorta di pu dico riserbo, sia che ciò avvenga per volontà del de funto sia per quella dei familiari. La rarefazione di questa “comunicazione sociale” del decesso, come elemento di peculiarità per scelte personali, fa sì che quando le esequie non siano state celebrate e l’”ultimo saluto” sia stato ristretto ai familiari più prossimi, si senta comunque la necessità di questa modalità di comunicazione.
Per altro, la questione delle esequie non è isolabile dal contesto. In questa fase sono emerse anche altre si tuazioni, spesso non considerate, come il comporta mento delle imprese di onoranze funebri, partendo dal rapporto con i familiari nella fase di predisposizio ne dell’organizzazione del servizio funebre e di predi sposizione dei preventivi; dal momento che non vi erano elementi di sorta per discriminare se i familiari committenti fossero anch’essi potenzialmente stati esposti a contagio. Ma di maggiore rilievo veniva ad essere la questione delle modalità di trattamento del corpo del defunto (si pensi, alle procedure di c.d. ta natocosmesi e della vestizione), dove regnava, fino a una certa fase, l’incertezza se vi potesse essere conta gio anche post mortem, emergendo indicazioni per cui, in via cautelare, anche chi non fosse stato esposto al contagio sarebbe stato trattato come “sospetto”, situazione che ha visto regioni e/o A.S.L. fornire indi cazioni non uniformi. Oltretutto, la questione diveniva maggiormente rilevante, a causa della trasmissibilità da asintomatici, per cui la sola conoscenza di una data causa di morte (qui si potrebbero considerare chi sia no, o possano essere, i soggetti che siano legittimati a conoscere la causa di morte, questione che qui non si affronta, dal momento che spesso i familiari possono averne una qualche cognizione per informazioni avute dai medici, magari anche non formulate scientifica mente ai familiari, ma solo in termini di linguaggio comune), non significava l’esclusione di potenziale contagio. Si formula solo un esempio, ponendo una domanda: la persona defunta a seguito di un trauma tismo può essere stata contagiata, ed asintomatica, o questo va escluso per il solo fatto del traumatismo?
La questione delle modalità di trattamento del corpo del defunto fa sì che vengano ad emergere anche al tre tematiche, quali la formazione del personale e la loro dotazione dei D.P.I. in relazione al piani di valu tazione del rischio, ai sensi delle norme in materia di sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, non sem pre redatti come avrebbero dovuto esserlo (e, quan do redatti, osservati), dove anche le dotazioni dei D.P.I. conseguono ad una corretta valutazione dei ri schi e la formazione professionale a propria volta do vrebbe essere congruente. Non si entra, volutamen te, nel merito delle diversità dei processi formativi previsti dalle norme regionali (nelle regioni che ab biano prevista una specifica formazione; non tutte sono intervenute in materia) anche per il fatto che queste sono tutt’altro che omogenee con Regioni che hanno seguito approcci minimi altre che hanno segui to criteri del tutto eccedenti, ma vuoti di contenuti sostanziali). Si constata unicamente come una volta sorta l’”emergenza CoVid-19”, molte imprese si sono trovate “disarmate”, prive di dotazioni strumentali (spesso divenute anche di difficile reperimento), di conoscenze e quanto altro. Con conseguenti “corse” ad approvvigionarsi di quanto avrebbe dovuto essere d’uso quotidiano, scontrandosi con difficoltà di repe rimento a causa del fatto che la loro richiesta aveva subito accelerazioni non prevedibili. Non si citano, per pudicizia, i casi di quanti abbiano voluto fornire una propria immagine quale di rappresentanza esclu siva di qualche categoria, o parte di essa, né le nume rose “mosche cocchiere” che si sono lanciate all’as salto dell’emergenza, come se un qualche segmento di attività fosse il tutto ed esaurisse in sé stesso ogni altro aspetto.
Infine, un cenno andrebbe fatto rispetto alle disponi bilità di magazzino, poiché una domanda elevata, concentrata in termini ristretti può far sì che le scorte di magazzino delle singole imprese (es: casse, imbot titure, ecc.) siano insufficienti o costringano a scelte limitate a quanto disponibile, oltretutto con difficoltà di approvvigionamenti integrativi, i quali, per quanto si affermi che i trasporti di merci non siano interessati a misure di lockdown, comunque risentono del clima di restrizioni diffuso. Per nulla dire sulle disponibilità di magazzino e/o sulla loro capacità di incrementare la produzione in corrispondenza dei picchi di doman da, picchi non misurabili a priori, dei costruttori, che potrebbe produrre una temporanea sopra produzio ne, destinata a rimanere immobilizzata, fase che non produce ricavi.

3. Il settore cimiteriale
Il servizio funebre si conclude, di norma, con l’accoglimento nel cimitero, sia che per esso sia richie sta (o per scelta o per default poco importa) la pratica funeraria dell’inumazione, oppure quella della tumu lazione, oppure quella della cremazione (pratica per cui si dedicherà infra uno specifico punto). Ora, tra inumazione e tumulazione sono richiesti appronta menti diversi: si pensi, per brevità, al cofano che per l’inumazione deve rispondere alle caratteristiche dell’art. 75 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., mentre per la tumulazione a quelle dell’art. 30 (ed, eventualmente, anche art. 31, il ché solleva l’ulteriore questione se e quanto gli items autorizzati in surroga della cassa in zinco siano idonei anche nei casi di de cessi per malattie infettive e diffusive) stesso D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., ma … dato che il alcune regioni è stata saggiamente introdotta, accanto alla tradizionale tumulazione stagna, anche la tumulazione aerata, non sempre, né necessariamente (anzi) le se polture a tumulazione debbono richiedere cofani ri spondenti alle caratteristiche dell’art. 30 citato.
L’inumazione, per altro, opera con la prospettiva (or dinaria) di durata data dal turno ordinario di rotazio ne, anche se possano esservi eccezioni (artt. 83 ed 84 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., dove il ri chiamo all’art. 84 non può che far richiamare, in que sto contesto, la sua lett. b)). La tumulazione ha una prospettiva di durata data dalla durata della conces sione (successivo art. 86), ed anche qui, per il rinvio fattone dall’art. 89, vi potrebbero essere eccezioni (rinvio che non sembra estendersi alle limitazioni dell’art. 84).
Ne consegue che, in via ordinaria, un feretro inumato non potrebbe essere oggetto di trasferimento in se polcro a tumulazione, mentre un feretro tumulato potrebbe essere trasferito in inumazione, applicando l’art. 75, comma 2 oppure l’art. 86, comma 2, oppure trasferito in altra tumulazione in applicazione dell’art. 88. Sotto il profilo operativo, e comunque con alcune eccezioni, si potrebbe affermare che vi sia una certa “impermeabilità” tra le due pratiche funerarie. Un discorso a parte andrebbe fatto per le tumulazioni aerate.
Nella situazione della contingenza del CoVid-19 le mi sure di cautela e prevenzione suggerirebbero che, qualora i familiari non abbiano specifiche opzioni di scelta tra l’una e l’altra delle due pratiche funerarie, ma vengano costretti dalle circostanze ad opzioni “provvisorie”, sia suggeribile il ricorso a tumulazioni stagne: c’è stato un autorevole Autore che ha ipotiz zato la concessione di loculi (tumulazione stagna) ventennale a titolo gratuito: a titolo personale, non ci si sente di condividere quest’indicazione, dal momen to che la gratuità non potrebbe sussistere nelle sepol ture a tumulazione, essendo sempre “sepolcri privati entro i cimiteri”, mentre le condizioni di gratuità della “sepoltura” sono ben altre, e nettamente delimitate. Mentre la si condivide in termini di pratica funeraria, essendo, probabilmente, la sola modalità che per metta, decorsa la durata della concessione, e probabilmente (3) venuta meno ogni pericolosità, una nuo va destinazione del de cuius. Ciò per altro, solleva al tre questioni, la prima è la disponibilità di loculi da utilizzare, la seconda quella della possibilità di “requi sire”, definitivamente o temporaneamente, loculi vuoti in quanto non utilizzati (non trascurando come lo potrebbero essere nel prosieguo e non trascurando la criticità data dalle concessioni perpetue). Non si può soprassedere, poi, sulle situazioni di concessioni relative a loculi, o comunque posti feretro a sistema di tumulazione, già scadute e non rese disponibili per altre assegnazioni. Il ché comporta/comporterebbe (tanto per i loculi disponibili o quelli semplicemente vuoti) anche un sistema di registrazioni cimiteriali adeguato, meglio se informatizzato, specie nelle fasi in cui vi siano “picchi” nella mortalità, cioè situazioni in cui si debba procedere a “sepolture” di numeri consistenti di defunti in tempi molto ristretti. Sono ampiamente diffuse le situazioni in cui i cimiteri sono in condizione di carenza di posti feretro a sistema di tumulazione, per le più varie motivazioni.
Non senza dimenticare, tanto per l’una quanto per l’altra delle pratiche funerarie, come la loro esecuzio ne richieda tempi operativi, ma anche la conseguente disponibilità di personale, spesso “falcidiata” dai limiti assunzionali, ma altresì, nell’occasione, dalla possibili tà, tutt’altro che remota, di assenze del personale magari per malattia o quarantena (che, dal punto di vista delle necessità di personale, produce effetti del tutto simili, al di là del fatto che sia riconosciuta quale assenza per malattia o meno).

4. La cremazione
Nel punto precedente è stata rinviata ogni considera zione attorno alla pratica funeraria della cremazione, per una propria specificità. Molti hanno avuto modo di rilevare, attorno alla metà di marzo, come questa pratica abbia avuto forti incrementi nella domanda, portando ad un ampliamento degli orari di funziona mento degli impianti di cremazione, congiuntamente a numerosi trasferimenti ad impianti di cremazione non si prossimità, fino a giungere al trasferimento di feretri ricorrendo a mezzi delle Forze Armate.
Dal momento che l’accentuato, quando temporal mente rapido accesso alla pratica funeraria della cremazione ha determinato un conseguente aumento della “domanda” da un lato gli impianti di cremazione hanno dovuto ricorrere ad un ampliamento nei propri orari di funzionamento (la cremazione richiede un de terminato tempo generalmente non comprimibile), unitamente alle possibili assenze di personale (al pari delle operazioni di inumazione e/o tumulazione, con la differenza semmai di esigenze di maggiore specia lizzazione di talune figure professionali), dall’altro si è posta la questione di individuare le disponibilità di spazi temporali presso impianti di cremazione non di bacino: in altre parole, dove è possibile traslare i fere tri per la cremazione nel caso in cui gli impianti di prossimità, se non proprio locali, non siano nelle con dizioni di procedere alla cremazione. In parte, questi problemi potrebbero essere stati, e in alcuni casi lo sono stati, affrontati, istituendo o utilizzando locali per la sosta temporanea dei feretri (cfr.: art. 64 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), soluzioni “tampo ne” generalmente insoddisfacenti. È emersa in questa sede l’esigenza di disporre delle informazioni, quanto più attuali possibili, sulle disponibilità di accoglimento dei diversi impianti di cremazione, anche tenendo conto di alcune loro caratteristiche tecniche (linee, idoneità alla cremazione di feretri confezionati con duplice cassa, lignea e zinco, ecc.), oltre che, ovvia mente, della distanza, degli orari di accoglimento, dei tempi di funzionamento, ecc.
Per queste informazioni si è appalesata l’esigenza di pensare ad una qualche “piattaforma” che consenta di raccogliere queste informazioni, per renderle di sponibili a chi debba organizzare il servizio funebre ed il trasporto, piattaforma la cui progettazione richiede tempi maggiori, nelle fasi di picco, che non l’intensità della domanda di cremazioni. Diverso sarebbe stato se una tale “piattaforma” fosse stata valutata in si tuazioni di normalità nella domanda.
Per altro, la cremazione richiede elementi formali di maggiore rilievo rispetto all’accesso alle altre due pra tiche funerarie, occorrendo non solo una specifica cer tificazione medica quanto, soprattutto, forme di mani festazione della volontà (del defunto, dei familiari, del Presidente della SO.CREM. per chi vi sia stato aderen te), atti autorizzatori, ecc. Si è in presenza di un com plesso di atti di documentazione, di atti di manifesta zione della volontà, di atti di autorizzazione ciascuno dei quali avente caratteri formali, a volte anche proce dimentali, ben delineati. E la cui mancanza potrebbe avere rilevanza penale.
A parte questi aspetti, tutto sommato risolvibili, deve essere tenuto conto di come la cremazione, per quanto in crescita progressiva, non possa essere og getto d’imposizione, dal momento che essa coinvolge aspetti valoriali aventi un carattere di diritti della per sona, diritti che non possono essere oggetto di com pressione. Ma vi sono anche aspetti di ordine psico logico, in quanto la cremazione non scelta, da chi possa manifestarne la volontà, assume il carattere di una violenza contro la “sacralità” dei defunti, talora anche contro altri sistemi valoriali. Ma si ha anche il fatto di come la cremazione possa essere colta come una sorta di “purificazione”, dato che col fuoco si purifica anche il virus, ormai – nelle fasi più acute dell’epidemia – sentito come “nemico”, il “nemico di tutti”, il responsabile del dannoso lockdown.

5. I rapporti tra i diversi attori
In presenza di situazioni di lockdown, si pone l’esigen za di ridurre al massimo i movimenti di persone, ed un modo per raggiungere questo risultato è quello di rendere obbligatorio, e diffuso, il ricorso a relazioni di tipo documentale tra i diversi attori, facendo in modo che tutti i documenti, che debbano circolare tra sog
getti diversi, gli atti e le autorizzazioni, e quanto altro necessario, venga elaborato e veicolato con modalità telematiche. Ciò non solo riduce la mobilità delle per sone nei diversi ruoli, ma favorisce l’estensione del c.d. smart working (che, fuori dalla contingenza, forse meriterebbe di essere ridimensionato). Già le pubbli che amministrazioni sono abituate, seppure non in modo ovunque uniforme, né generalizzato, a servizi on line, telematici, anche quando manchino, qui o là, provvedimenti attuativi, ma la strada è segnata e molte soluzioni possono individuarsi. Per questo, il CoVid-19 può trasformarsi in un’opportunità per accelerare processi più o meno già presenti, in itinere, o anche solo preannunciati.

6. Ripensare alla gestione cimiteriale
Si tratta di problemi che, per la loro caratteristica di eccezionalità, portano a dover necessariamente ri pensare alle gestioni cimiteriali, qui intendendosi tut te le diverse fasi che iniziano col decesso, la forma zione delle documentazioni conseguenti (sia sanitarie che di stato civile), il confezionamento dei feretri, il trasporto, l’accoglimento nei cimiteri, la cremazione e le destinazioni delle urne cinerarie, successive alla cremazione.
Si dice spesso che la normativa sia vecchia ed obsole ta, citando la norma di rango primario del 1934 e il Regolamento del 1990, talora evidenziando come questo sia, nella sostanza, una ri-scrittura, con qual che aggiustamento, di norme del XIX sec. In parte, ciò può anche essere vero, ma non si dovrebbe dimenti care come le “radici” normative siano ben più lontane, in molti casi, ancora oggi, producendo frutti. Il sistema cimiteriale (in parte, ciò potrebbe valere anche per le norme civilistiche) italiano ha le proprie “radici” nel c.d. Editto di Saint Cloud (1804), ma se ne è discostato, con l’Unità d’Italia, su di un aspetto: nell’Editto di Saint Cloud vi erano norme, nella specie si trattava del Titolo III (4), in cui è presente la subordinazione delle concessioni cimiteriali ad un “prezzo sociale”, cioè un onere, aggiuntivo alle tariffe di con cessione, a favore delle parti deboli della società. Si tratta di aspetto che, dopo l’Unità d’Italia, non è stato conservato, anche per il fatto che, nel frattempo, il soggetto sociale egemone si era consolidato nella borghesia che non “apprezzava” di farsi carico dei poveri e degli ospizi. Contemporaneamente, le concessioni potevano farsi tanto a tempo determinato che a tempo perpetuo, nonché era ammessa (5) la possibilità di realizzare sepolcri privati a sistema di tumulazione, la cui area non era considerata quale “cimitero” (6), il che giustifica come molti sepolcri privati si trovino in contesti perimetrali dei cimiteri. Questi richiami a disposizioni, chiaramente molto ri salenti, consentono di cogliere le motivazioni che stanno alla base di molte realtà attuali. Non solo, ma successivamente, in molte realtà i Comuni hanno pre so l’usanza di realizzare direttamente posti feretro a sistema di tumulazione (usanza non presente neppu re nel più recente D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e sm., come, del resto, non lo sarebbe stato in alcuna delle norme ad esso antecedenti), cedendone l’uso, anche in questi casi sia a tempo determinato, sia a tempo indeterminato, cioè a perpetuità. Inoltre, in alcune realtà, si è avuta, ed è presente, anche la pras si di concedere aree cimiteriali per la realizzazione di loculi singoli, a prezzi inferiori al costo dell’operazione
di inumazione! Tutto ciò ha portato a generare, de facto, una “percezione sociale” per cui la tumulazione (stagna, essendo quella aerata recente e non ancora generalizzata in tutte le Regioni) costituisca la norma
lità e l’inumazione l’eccezione, magari caricata di uno stigma socialmente negativo (sepoltura per poveracci e derelitti), tanto che non mancano casi in cui l’intervento sociale per indigenti e/o appartenenti a famiglie bisognose si concretizzi con la concessione di un loculo a titolo gratuito o, se ben vada, a tariffa ri dotta. Di qui, il formarsi, quando del caso, di comitati di pressione per ottenere dal Comune la costruzione di nuovi loculi, per la carenza di quelli esistenti, come se ciò rispondesse ad un qualche obbligo giuridico del Comune. Specie negli ultimi tempi, le Amministrazioni comunali si lasciano lusingare dalle proposte di pro motori di finanza di progetto, spesso sottovalutando ne gli effetti nel tempo, ma, in sostanza, generando veri e propri debiti fuori bilancio cui dovranno far fronte le Amministrazioni comunali in carica dopo al cuni mandati consigliari.
A tutto ciò va aggiunto come, intervenuta la scadenza delle concessioni, in molte realtà, le Amministrazioni comunali poco si curino di rientrare nella disponibilità dei posti feretro a sistema di tumulazione scaduti, per il loro riutilizzo assegnandoli in concessione ad altri.
Per un momento, tornerei sulla questione delle per petuità. Nel passato (e non ci si riferisce solamente alle ultime fasi, decenni, antecedenti al venire meno della possibilità di concessioni a tempo indetermina to, o perpetue, che dir si voglia) l’opzione, sempre presente, tra concessioni a tempo determinato (talo ra anche di durata superiore a quella che oggi è la du rata massima) o perpetue (sia di aree che di uso dei manufatti) veniva valutata non sempre consideran done gli effetti futuri, in particolare quando le richie ste di concessione erano sparute e numericamente poco rappresentative rispetto al numero annuale dei decessi (e sepolture conseguenti). Ragion per cui era, allora, facile considerare che la perpetuità per alcuni (numero ridottissimo) non incidesse sugli obblighi per la (stragrande, quasi la generalità) maggioranza delle sepolture. In altre parole, per molto tempo è stato ritenuto che qualche “eccezione” (perpetuità) non incidesse sull’assicurazione di garantire la continuità delle sepolture a tutti gli abitanti. Tuttavia, valutando tutto questo a posteriori, attualmente vi sono ancora numerose concessioni cimiteriali perpetue, a volte perfino inutilizzate, magari per saturazione dei posti (cfr.: art. 86, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., richiamando, in particolare, il suo inciso sulle concessioni perpetue), oppure per mutamenti delle famiglie, loro diffusione in altre località, ecc., con la conseguenza che le concessioni perpetue (ma anche quelle di durata particolarmente lunga) sono esposte a fenomeni di abbandono, fenomeni com plessi e laboriosi da gestire.
È ben vero che in epoche molto recenti la giurispru denza ha iniziato a considerare critiche le perplessità, sia sostenendo che una concessione perpetua non può avere la portata di celare una sostanziale aliena zione, sia argomentando che una concessione perpe tua non si sottrae alle “regole d’uso” che siano state introdotte successivamente alla sua erezione. Ma si tratta di giurisprudenza (amministrativa) che non può essere ancora considerata come consolidata, né ha, sinora, trovato avvallo civilistico in sede di giurispru denza di legittimità. Non si va oltre al segnalare che qualche sentiero, per quanto impervio, si è aperto, che potrebbe divenire in prospettiva un’autostrada (o così si auspica).
Ma la situazione di emergenza, prodotta dal CoVid 19, fa sì che tutti i problemi sui “posti” di sepoltura, inumazione o tumulazione che sia, sull’accesso alla cremazione e, fuori di emergenza, sul fatto che l’incremento progressivo della cremazione avutosi
anche prima dell’emergenza, abbia inciso − forte mente – sulle domande, per tipologie, di sepolture nei cimiteri, ci induce a dover valutare riprogramma zioni nei piani regolatori cimiteriali.
In pratica, occorre ripensare alla programmazione cimiteriale nel suo complesso.

7. Scenari di cambiamento
La crescita, avutasi negli ultimi decessi dell’accesso alla cremazione, specie al Nord (mentre al Sud persi ste la prevalenza, per non dire predominanza, del ri corso alla tumulazione), segna anche mutamenti cul turali, che interessano anche il settore funebre, per quanto alcuni rituali (es.: esequie religiose) persistano pressoché immutati. Nel settore funebre le influenze possono riguardare la fornitura delle casse, ma anche consentire alle imprese funebri di “proporre” la cre mazione come alternativa all’inumazione, o alla tu mulazione (a volte per malintesi aspetti di maggiore economicità, altrove per altri motivi), incluso il ricorso a questo, o quell’impianto di cremazione, non neces sariamente quello locale o, nei comuni privi di im pianti, quello maggiormente prossimo, aspetti cui ta lora non sono estranei interessi peculiari. Ma, ancor più spesso i familiari, orientati per la cremazione, o che accolgano i “suggerimenti” per ricorrevi, presso ché mai ottengono l’informazione circa quale sia l’impianto di cremazione.
In ambito cimiteriale, ciò produce un forte calo nella “domanda” di inumazioni, al punto che viene a ridur si, quando non a mancare del tutto, l’esigenza di provvedere alle operazioni di esumazione, decorso il turno ordinario di rotazione, cosicché i defunti permangono nelle fosse ben oltre questo, cosa che indu ce indirettamente a ritenere che ogni esumazione or dinaria costituisca una sorta di lesione ad un diritto a permanere nella fossa, indipendentemente dal com pimento del turno ordinario di rotazione, e induce le Amministrazioni comunali a non essere troppo solle cite nel programmarle e nell’eseguirle. Ma quando anche avvengano, più o meno tempestivamente, ciò lascia ampi spazi inutilizzati nelle aree destinate ad accogliere sepolture a sistema di inumazione. Aree che, fatte salve le prescrizioni dell’art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., ben potrebbero essere convertite ad altri impieghi. Un discorso analogo po trebbe farsi per le aree destinate alle inumazioni dei deceduti, di età inferiore ai 10 anni, che frequente mente risultano ancora dimensionate nel rispetto di quello che era la disposizione dell’art. 47, comma 3 R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880, qui, in particolare, considerandosi come, fortunatamente, si sia forte mente ridotta la mortalità infantile a ragione del mi glioramento complessivo delle condizioni di vita e del sistema sanitario.
Ciò solleva la domanda su quale riconversione possa prevedersi. Da un lato, si potrebbe suggerire di utiliz zare parte di queste aree per la realizzazione di luoghi di dispersione delle ceneri (variamente denominati o denominabili: giardino della memoria, giardino delle rimembranze, ecc.), soluzione che, per altro, non può che interessare se non una parte delle aree inutilizza
te. La risposta più facile per le Amministrazioni co munali è, spesso, quella di prevederne un’utilizza zione per la costruzione di nuovi loculi, che quando attecchisca, spesso induce a dimenticare la necessità di tenere conto degli obblighi del sopra citato art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n.285 e s.m. che, inciden talmente, si ricorda, considera anche l’accoglimento dei feretri oggetto di estumulazione (art. 86, commi e 2 ss. D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), rimo zione concettuale più agevole, laddove non si pro grammino ed eseguano le estumulazioni, una volta intervenuta la scadenza delle concessioni di sepolture a sistema di tumulazione. A maggior ragione, quando le Amministrazioni comunali siano “ispirate” da quale promotore di finanza di progetto, soluzione agevol mente accolta per le promesse di celerità nella realiz zazione di costruzione di nuovi loculi, la quale – senza oneri immediati per il comune, permette di dare sod disfazioni ai chi richieda la disponibilità nuovi loculi, specie quando costituitosi in comitati o simili. Ma la celerità permette agli amministratori in carica di inte starsi una realizzazione, nel corso del proprio manda to. Il fatto che i progetti di finanza producano, nel tempo, effetti aggiuntivi non viene pressoché mai preso in considerazione, specie quando questi si de terminino alcuni mandati amministrativi dopo … Per altro, queste impostazioni non tengono, quasi mai, conto del fatto che l’incremento della cremazione non produca solo effetti di calo nella domanda di inumazione, ma altresì nella domanda di tumulazioni, anche se forse qui con maggiore lentezza. Il che signi
fica che i loculi di nuova costruzione verranno asse gnati con minore velocità, rispetto al passato (e se si tratti di finanza di progetto ciò potrebbe influenzare anche le previsioni del piano economico-finanziario). Infatti, della crescita progressiva e con tendenze di ulteriori progressività, dell’accesso alla cremazione, riducendo la domanda di posti feretro a sistema di tumulazione, comporta una riduzione nella domanda specifica, cosa che potrebbe suggerire di cercare di valutare se non sia da privilegiare la costruzione, ac canto ad un certo numero di loculi, di un maggiore numero di celle cinerarie (o di cellette ossario, quan do si ritenga di utilizzare queste sia per le cassette os sario, sia per le urne cinerarie), magari celle cinerarie aventi capacità ricettiva plurima (es.: conservazione delle urne cinerarie di coniugi), anche se nulla oste rebbe a che singoli loculi potessero essere utilizzati per accogliere una pluralità di urne cinerarie, realiz zando così “sepolcri di famiglia”. Ciò potrebbe com portare interventi di adeguamento, o modifica delle norme dei Regolamenti comunali di polizia mortuaria, cosa che non sembra costituire un problema: spesso vi sono modifiche per motivi del tutto meno nobili. Il calo nella domanda di posti a tumulazione fa sì da indurre, almeno de facto, le Amministrazioni comuna li ad una minore solerzia, accampando anche motiva zioni di vario ordine (carenza di personale, difficoltà nelle procedure per il reperimento delle persone sin golarmente interessate, ecc.), nella programmazione ed esecuzione delle estumulazioni, una volta interve nuta la scadenza delle concessioni, lasciando, anche qui, sorgere aspettative di maggiore utilizzo, che pos sano, in prospettiva, esporre ad ancora maggiori diffi coltà nella gestione delle concessioni cimiteriali.

8. Rivedere la strumentazione
Per affrontare gli scenari di cambiamento, occorre anche disporre di un’adeguata ed idonea “cassetta degli attrezzi”, che non può prescindere dall’esigenza di avere presente il principio del: “conoscere per deli berare” (L. Einaudi).
Un tempo e, soprattutto, non dovunque, vi erano se vizi cimiteriali che disponevano di mappe (ricordiamo l’art. 54 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., ma anche le norme antecedenti corrispondenti) dei cimi teri, di copie (se non anche degli originali) dei progetti sulla base dei quali i singoli sepolcri erano stati realiz zati, magari anche di fascicoli per ciascuna sepoltura, contenenti atti e documenti relativi, registri vari talo ra corredati da indicazioni grafiche anche se sommarie, schedari, sia per i sepolcri che per i defunti, ma gari con schede duplicate per essere conservate se condo criteri diversi (nominativo, cronologico, al tro);magari, si cercava anche di tenere “statistiche interne” di più o meno ampio dettaglio (annuali, mensili, per cimiteri, per tipologie, ecc.) che permet tevano alcune valutazioni, anche se grossolane. In al tre parole, potevano esserci, ribadendo la assoluta non generalizzazione, strumenti più o meno di detta glio di conoscenza della situazione. In molti casi, an che laddove strumentazione di questo tipo sussistes se, vi sono stati fenomeni che hanno portato ad un progressivo degrado di questo tipo di strumentazio ne. Tutto ciò in epoche in cui non erano presenti gli strumenti anche tecnologici oggi disponibili. Oggi so no disponibili ben altri strumenti.
Il riferimento a strumenti, un tempo non disponibili, porta direttamente a considerare gli strumenti infor matici, i quali richiedono di essere disponibili in via ordinaria, risultando impensabile che possano essere acquisiti, testati, popolati ed utilizzati in occasione di una qualche situazione emergenziale, richiedendo questa tempestività d’intervento. Prima di proseguire, sembra opportuno premettere che gli strumenti informatici non sono il “genio della lampada” che ri solva automaticamente tutto, ma uno “strumento”, oltretutto con pregi e difetti, da usare adeguatamen te. Il mercato offre un’ampia scelta di software spe cializzato per le gestioni funebri, cimiteriali e di cre mazione, senza che occorra citarne qualcuna. Ma tra queste soluzioni alcune sono funzionali, altre meno: la scelta va fatta, naturalmente, in sede locale, in re lazione alle singole situazioni. Alcune di queste solu zioni sono, o appaiono essere, raffinate, altre più grossolane (7), altre molto “d’immagine”, ecc. Quello che è importante è che consentano una conoscenza costante ed aggiornata dei posti, eventualmente di stinguendo per i posti feretro e i posti per cassette ossario (od, urne cinerarie (8)), posti che possono es sere utilizzati, o non ancora utilizzati, i nominativi dei defunti e la loro esatta collocazione, nonché il loro stato (feretro, cassetta ossario, urna cineraria), la tipologia di “sepoltura” e, nel caso di concessioni cimi teriali, gli estremi dell’atto di concessione il nome del concessionario (o, i nomi dei concessionari, se pluri mi), le relative variazioni, le operazioni (e loro date) fatte, gli atti adottati e quanto altro.
Gli strumenti informatici devono consentire le dispo nibilità di posti, per tipologia, collocazione, ecc., non ché, preferibilmente, anche consentire di acquisire elementi nell’evoluzione delle “domande”, meglio se valutabili con periodicità opportune (es.: mensili, an nuali, ecc.). Elementi utili, talora necessari, per even tuali interventi sulla pianificazione e sulla program mazione degli interventi, sia che questi ultimi riguar dino le operazioni cimiteriali, nuove costruzioni o ampliamenti, oppure altri interventi che assolvano la funzione di permettere la c.d. continuità operativa del servizio. In particolare, per le nuove costruzioni e gli ampliamenti, dove possono essere di norma pre senti fattori d’incidenza sul bilancio (finanziamenti), la conoscenza della situazione e delle sue prospettive, in termini di prevedibile evoluzione nel tempo, costi tuisce elemento imprescindibile.

9. Conclusioni
Da quanto precede si possono tratte alcune conclusio ni, la prima delle quali ha valenza che non si attaglia solamente a fasi emergenziali, ma risponde ad funzio nalità che “pagano” nelle situazioni ordinarie e, proba bilmente, più in queste che non allorquando si verifi chino eventi eccezionali (cosa che non si auspica, spe rando che la “stagione CoVid-19” non abbia a ripetersi
se non, almeno, dopo alcune generazioni, come si au spica per qualsiasi altra tipologia di evento ecceziona le”, quali potrebbero essere (e.g.) sismi, frane, sinistri di particolare consistenza, fino a situazioni belliche o di carattere terroristico). Ci si riferisce, in particolare, alla ormai imprescindibile necessità di disporre di adeguate strumentazioni di conoscenza (e registrazioni) delle si tuazioni cimiteriali, necessità che sta, oltretutto, alla base di ogni programmazione cimiteriale, altro aspetto spesso non affrontato in termini funzionalmente ade guati. E, a costo di ripetizioni, laddove vi si ponga ma no, va ribadito il suggerimento di partire dalle conces sioni più recenti, mantenendole aggiornate con le nuo ve, a mano a mano che sorgano, per risalire poi a ritro so nel tempo, dato che le più recenti presentano ele menti conoscitivi maggiormente definiti, mentre quelle precedenti possono richiedere attività amministrative di ricerca ed integrazione di dati, che possono non es sere immediatamente disponibili, o abbiano perduto di attualità.